STORIE

Cosa sta succedendo in Ecuador?

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di Greta Cassanelli

Non si fermano le proteste in Ecuador. Siamo oggi al quattordicesimo giorno dello Sciopero Nazionale che da ormai due settimane sta parlazziando il paese.

Qualcosa sembra però cominciare a muoversi e la possibilità di un accordo sembra essere sempre meno remota.

Per la prima volta dopo due settimane di scontri, nella notte di domenica, il presidente ecuadoriano Guillermo Lasso ha dichiarato di impegnarsi ad abbassare il prezzo del carburante nel paese.

Il taglio dei prezzi del carburante è una delle richieste cardine dei manifestanti. Un accordo su questo potrebbe portare a una svolta nelle proteste.

Ma facciamo un passo indietro.

La mattina del 24 Maggio, mentre il presidente dell’Ecuador Lasso presentava alla nazione il rapporto sul suo primo anno di governo, Leonidas Iza, presidente de la Confederazione delle Nazionalità Indigende dell’Ecuador (Conaie), convocava uno sciopero nazionale per il mese successivo. Iza dichiarò che lo sciopero sarebbe andato avanti a oltranza fino al giorno in cui il governo non avrebbe accettato le richieste della Confederazione.

E così è stato. Il 13 Giugno è cominciato lo Sciopero Nazionale e da allora le proteste non si sono mai fermate.

Le principali rivendicazioni della CONAIE riguardano la riduzione dei costi del carburante e delle materie prime, la richiesta di un budget più alto per l’istruzione e l’introduzione di misure per favorire i diritti sociali e per far fronte alla crisi economica in corso.

I manifestanti accusano inoltre il governo Lasso di non essere stato in grado di contenere l’inflazione e di non essere riuscito a risolvere i problemi strutturali del paese, come la corruzione, l’inefficienza del sistema sanitario e la disoccupazione. 

Fino ad oggi, le risposte date da Lasso sono state ritenute insufficienti e i metodi violenti messi in atto dal governo per reprimere le proteste non hanno fatto che peggiorare il rapporto con la Confederazione.

La polizia ha fatto uso di gas lacrimogeni sparati ad altezza uomo e di cariche violente per respingere i manifestanti. Dopo 13 giorni di proteste il bilancio è di 4 morti tra le persone manifestanti e 200 feriti.

Il ministro dell’Interno, di fronte alle accuse di varie oganizzazioni che difendono i diritti umani e che parlano di omicidi, ha negato le accuse e ha qualificato le morti come “danni collaterali”.

Il presidente Lasso ha ribadito che, se la violenza continua, la polizia e le forze armate “continueranno ad agire attraverso l’uso progressivo della forza per ristabilire l’ordine”.

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È ancora presto per capire come andrà a finire, nell’attesa di aggiornamenti condanniamo la violenza repressiva del governo e esprimiamo la nostra solidarietà al popolo che resiste.


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